Lo studio, che quest’anno ha coinvolto più di 1.000 professionisti e 270 aziende a livello nazionale, analizza il mercato del lavoro e le sue dinamiche, gli andamenti retributivi e le figure più ricercate, ma anche l’uso dei social media nella selezione, il Jobs Act e le quote rosa.
Dopo anni di incertezza e precarietà, il mercato del lavoro in Italia sembra risalire la china, come dimostra l’ottimismo delle aziende intervistate. Il 47% del campione, infatti, ha pianificato nuovi ingressi per i prossimi mesi, focalizzandosi soprattutto su profili tecnici e di middle management (70%), professionisti con una breve esperienza professionale (39%), tirocinanti e apprendisti (48,1%). Il 33,3% delle aziende ha, inoltre, incrementato il budget destinato alle attività di ricerca e selezione, mentre il 46,5% ha riconfermato il livello d’investimento dello scorso anno.
E dall’altra parte della scrivania? Purtroppo, non si registrano le stesse fiduciose aspettative. Secondo il 51% dei professionisti, il mercato del lavoro sta ancora attraversando un periodo difficile per effetto della crisi economica, per il 16% del campione il mercato è in fase di stallo, mentre solo il 15% dei lavoratori intravede una possibilità di ripresa nei prossimi mesi.
Pareri discordanti tra imprese e addetti anche sui problemi che continuano ad affliggere il mercato del lavoro. L’82% delle aziende mette al primo posto l’elevato costo del lavoro, a cui seguono l’eccessiva rigidità della legislazione (58%), la sovrabbondante burocrazia (55%) e lo scarso dinamismo del mercato (43%). Secondo i professionisti intervistati pesano, invece, sull’attuale scenario economico, la sproporzionata tassazione per le aziende intenzionate ad assumere (76%), il clima di sfiducia generale (53%), la recessione economica (41%) e la difficoltà di accedere al credito bancario (35%).
Lavoratori e aziende, seppur con percentuali diverse, concordano invece sui temi al centro dell’attuale dibatto politico-economico. Secondo il 45% delle aziende, il Jobs Act non sarà sufficiente a rilanciare l’occupazione senza un’adeguata riforma del sistema fiscale. La quasi totalità del campione (75,8%) si ritiene, invece, favorevole alla riforma dell’articolo 18 per dare nuovo slancio al mercato occupazionale in Italia. Sulla questione dell’inserimento in busta paga del Tfr, il 45,2% delle imprese è contrario perché mette a rischio la propria liquidità.
Anche il 42% dei professionisti italiani ritiene che il Jobs Act non sia sufficiente per dare respiro all’economia senza un'adeguata revisione fiscale. Per quanto riguarda, invece, l’articolo 18, è da modificare per il 44% dei lavoratori, mentre 6 professionisti su 10 si dichiarano contrari all’anticipo del Tfr in busta paga, perché danneggia la liquidità delle imprese già messa a dura prova dalla crisi economica.
Nonostante la turbolenza di questi ultimi anni, il 66,4% delle aziende non ha diminuito (o congelato) lo stipendio base dei propri dipendenti nel corso del 2014, tanto che 4 lavoratori su 10 (38,7%) hanno addirittura visto aumentare la propria retribuzione. Molti professionisti (58%) possono, inoltre, contare su una percentuale variabile del proprio stipendio, che può essere subordinata al raggiungimento di obiettivi individuali (71%), risultati aziendali (64,6%), o alla valutazione delle performance lavorative (33,5%).
Infine, dati interessanti emergono anche dal rapporto donne e carriera. Aziende e professionisti, nella stessa percentuale (70%), ritengono che l’Italia non offra alle donne le stesse possibilità di carriera dei colleghi uomini. Tra le principali ragioni di questa disuguaglianza spiccano: la mancanza di efficaci pratiche di conciliazione famiglia-lavoro come il telelavoro o la formula del part-time (63,5%), l’assenza di politiche a sostegno della famiglia (61,1%), la disomogeneità nella disponibilità di servizi all’infanzia (35,8%) e la mancanza di meritocrazia (35,1%).
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